L’ANNULLAMENTO DEL PIANO PAESAGGISTICO DEL LAZIO GETTA NUOVE OMBRE SUL TSM
Anche le forzature sulla disciplina dei paesaggi montani hanno contribuito all’annullamento del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio; una occasione per ripensare le strategie per le montagne del Lazio e arrestare la devastazione del Terminillo
La Corte Costituzionale, con sentenza pubblicata pochi giorni fa, ha annullato il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) del Lazio, e lo ha fatto perchè la Regione Lazio ha violato il principio di leale collaborazione tra istituzioni.
Il testo del PTPR concordato con il MiBACT come legge impone, infatti, avrebbe dovuto essere approvato tal quale dal Consiglio Regionale, che di converso ha licenziato un testo modificato in più parti e contenente norme che scardinano l’obbligo di copianificazione Stato-Regione e che allentano le tutele di molti beni paesaggistici tra cui le aree montane, dove il PTPR manomesso avrebbe consentito la realizzazione di impianti sciistici, impianti di innevamento artificiale e attrezzature ricettive al di sopra della fascia dei 1200 metri.
Questa disattenzione nei confronti della tutela paesaggistica della montagna purtroppo non sorprende.
Da anni – attraverso le ripetute osservazioni presentate nell’ambito delle procedure di VIA del progetto Terminillo Stazione Montana (TSM) – il Comitato del #noTSM ha rilevato come la Regione Lazio interpretasse in maniera ingiustificatamente estensiva le norme del PTPR, e come tali interpretazioni collidessero in maniera sostanziale anche con le Direttive Comunitarie, il tutto per consentire la realizzazione di un progetto devastante per il paesaggio e per l’ambiente, economicamente fallimentare e posto fuori dal tempo dal climate change.
Duole constatare che fino ad oggi questa insensibilità regionale è stata sostanzialmente condivisa dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Province di Frosinone, Rieti e Latina, che ha già emesso parere paesaggistico positivo sul TSM nonostante al tempo di formazione dell’atto fossero in vigore le norme più restrittive di quelle successivamente manomesse dalla Regione Lazio. Il nostro auspicio è che questa vicenda spinga la Regione Lazio a considerare con maggiore consapevolezza la tutela paesaggistica del suo territorio, e che tale consapevolezza si estenda anche alle strutture periferiche del MiBACT.
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