Lettera alla RAI: difendiamo le foreste dalle fake news

Lettera alla RAI: difendiamo le foreste dalle fake news

A seguito di due scandalosi servizi andati in onda sul TG1 e sul TG3 Regione Toscana, dove i boschi venivano equiparati a campi da coltivare, il GUFI – in coro con molte altre associazioni – ha inviato alla RAI la seguente lettera.

Il bosco non ha bisogno dell’uomo, è l’uomo che ha bisogno del bosco
Le associazioni firmatarie protestano per un approfondimento andato in onda sul TG1 sul tema della selvicoltura. La RAI è un servizio pubblico e non dovrebbe dare spazio ad affermazioni antiscientifiche: sostenere che le foreste abbiano bisogno di manutenzione è un’assurdità.

Roma, 20 aprile 2020 – Le associazioni promotrici GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, ISDE Italia – Medici per l’ambiente, Italia Nostra Abruzzo, Italia Nostra Friuli Venezia Giulia, Italia Nostra Lazio, Italia Nostra Marche, Italia Nostra Toscana, Italia Nostra Veneto, ALTURA – Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti, insieme alle altre associazioni firmatarie, manifestano sconcerto per le affermazioni antiscientifiche alle quali il servizio pubblico RAI ha dato spazio nel servizio andato in onda il 14 aprile sul TG1, in cui alcuni operatori addetti al taglio boschivo (quindi non scienziati) hanno fatto una serie di affermazioni false, sostenendo che per la salute dei boschi sia indispensabile una manutenzione costante. Addirittura viene sostenuto che il bosco avrebbe bisogno, per rimanere in salute, dell’intervento regolare dell’uomo che tagli gli alberi più vecchi per lasciare posto ai giovani, lasciando intendere che un bosco dove non si tagliano alberi non sarebbe in grado di rigenerarsi e finirebbe per morire. Nel servizio si lamenta che i nostri boschi, a causa della quarantena, sarebbero rimasti senza “manutenzione” per un mese, affermando che il bosco non sia diverso da un “campo ordinario” e vada quindi “coltivato”.

Le associazioni ricordano che le prime foreste sono comparse sul nostro pianeta circa 350-400 milioni di anni fa. L’essere umano (inteso come Homo sapiens) vive sulla Terra da poco più di 200mila anni. È quindi lapalissiano che le foreste si siano evolute e siano sopravvissute per centinaia di milioni di anni senza alcun intervento da parte dell’uomo, e hanno invece prosperato e coperto gran parte delle terre emerse. Chiunque abbia avuto l’ormai raro privilegio di camminare in una foresta vetusta, antica e poco disturbata dalla mano dell’uomo, capisce intuitivamente quanto sia arrogante e antropocentrico pensare che ecosistemi così complessi e ricchi di biodiversità, frutto di milioni di anni d’evoluzione, possano avere bisogno dell’intervento costante dell’ultima specie arrivata per prosperare.

Il bosco è un ecosistema, e come tutti gli ecosistemi è autosufficiente e attraverso complesse relazioni tra piante, animali, funghi e batteri che vivono al suo interno crea un equilibrio perfetto dove ogni suo abitante trova riparo, nutrimento e ciò che occorre alla sopravvivenza della sua specie. L’uomo non fa eccezione: anche noi abbiamo bisogno del bosco per trarne ciò che ci serve per vivere. La differenza sta nel fatto che l’uomo non si ferma dopo aver prelevato il necessario: supportato dalla tecnologia e spinto da interessi economici ha un potenziale distruttivo sconosciuto alle altre specie e può alterare l’equilibrio di un ecosistema, anche fino alla sua scomparsa.

In un momento in cui l’opinione pubblica – per merito del costante lavoro degli scienziati e della voce dei nostri giovani che si alza dalle piazze – comincia a prendere coscienza dell’impatto umano sul pianeta, è grave che il servizio pubblico televisivo dia spazio solo a chi i boschi li taglia per profitto: il conflitto di interesse è evidente. Se è vero che l’uomo ha bisogno di prelevare del legname per le sue necessità, questo dimostra solo che siamo noi a essere dipendenti dalle foreste, e non certo il contrario: una dipendenza di cui dobbiamo tenere conto nel momento in cui decidiamo quanto e cosa tagliare. Le foreste, oltre a costituire la nostra migliore arma nella lotta al cambiamento climatico, sono fondamentali per la salute umana. Come ricorda il WWF in un comunicato del mese scorso, la deforestazione e la perdita di habitat sono tra i fattori più rilevanti nella nascita delle pandemie.

È quindi giunto il momento di sgombrare definitivamente il campo dalle fake news diffuse da chi vede i boschi solo con gli occhi del profitto economico, e porre fine allo sfruttamento intensivo (quella che viene chiamata “manutenzione”) che vede i boschi italiani sempre più sotto pressione a beneficio della produzione di energia elettrica da biomasse forestali, mentre la produzione di mobili, invocata nel servizio, utilizza solo una piccola parte della produzione nazionale di legname. Se è vero che la mera superficie dei boschi italiani è in aumento, va ricordato che il punto di partenza da cui si calcola questo aumento è il minimo storico di superficie raggiunto nel secondo dopoguerra; che tutt’ora l’Italia si colloca al di sotto della media europea per percentuale di superficie boscata; che siamo sotto la media europea anche per quanto riguarda la percentuale di territorio protetto.

La “manutenzione” invocata dalle ditte che vendono legname è sovente una vera e propria devastazione che asporta il sottobosco e il legno morto – entrambi parte integrante dell’ecosistema foresta e indispensabili per la sopravvivenza di moltissime specie animali e vegetali – e taglia gli alberi più grandi, lasciando un terreno spoglio dove sparuti giovani alberi sono gli unici superstiti in una landa desolata. Per le statistiche nazionali sarà ancora una foresta, ma ridotta in quelle condizioni di fatto non lo è più. Un terreno così spogliato costituisce inoltre un grave rischio per la sicurezza idrogeologica.

Deve essere quindi chiaro all’opinione pubblica che la selvicoltura risponde a una necessità dell’uomo, come le automobili e l’estrazione di petrolio, ma NON è una necessità delle foreste; che nel prelevare il legname ci si deve porre al di sotto dei limiti di tolleranza (resilienza) della foresta stessa, dandole modo e tempo di rigenerarsi; che per la salute nostra e del pianeta è indispensabile che una parte rilevante del territorio sia protetta e lasciata alla sua evoluzione naturale, affinché la foresta possa fornire tutti quei benefici ecosistemici che non solo costituiscono un habitat per le altre specie, ma ci garantiscono aria e acqua pulite, prevengono il dissesto idrogeologico e ci aiutano a combattere il riscaldamento climatico, di cui una delle cause principali è proprio la deforestazione.

Le associazioni si augurano quindi che i media forniscano un’informazione corretta e supportata dalla scienza ai cittadini italiani e chiedono alla Rai di poter replicare al servizio andato in onda, mettendo a disposizione i loro scienziati per un’intervista.

Cordialmente,

le Associazioni
GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane; ISDE Italia – Medici per l’ambiente; Italia Nostra Abruzzo; Italia Nostra Friuli Venezia Giulia; Italia Nostra Lazio; Italia Nostra Marche; Italia Nostra Puglia; Italia Nostra Toscana; Italia Nostra Veneto; ALTURA – Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti; Navdanya International; Amici del Cansiglio; ABC Associazione beni comuni La Rete; Acqua Bene Comune Pistoia; ADA ONLUS Associazione Donne Ambientaliste; Alleanza Beni Comuni Pistoia; AsOER – Associazione degli Ornitologi dell’Emilia-Romagna ODV; Associazione culturale AmbienteScienze; Associazione Culturale Blow-up; Associazione Mani Libere Civitanova Marche; Associazione Solidarietà e Partecipazione – Castrovillari; Biodistretto Montalbano; Casacomune Scuola e Azioni; Centro Parchi Internazionale; CISDAM – Centro Italiano Studi e Documentazione sugli Abeti mediterranei; Co.n.al.pa. Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus; Comitato Intercomunale Silla2; Comitato per il Bene Comune Sovizzo; Diritto Diretto Onlus; Ecoistituto Abruzzo; Ecoistituto Cesena; Ecomuseo Montagna Fiorentina; European Consumers; Goodland; Federazione Nazionale ProNatura; Forum Ambientalista; GPSO – Gruppo Piemontese Studi Ornitologici “F.A. Bonelli” Onlus; GriG – Gruppo d’intervento Giuridico; Gruppo dei Trenta; Gruppo Promotore Parco del Cadore; Insilva; Io non ho paura del lupo; Istituto Italiano di Permacultura; La Cabalesta – Associazione Terra Boschi Gente e Memorie; LAC (Lega per l’Abolizione della Caccia); Le Giardiniere; Liberi Pensatori a Difesa della Natura; LIPU Abruzzo; LIPU Firenze; LIPU Grosseto; LIPU Pistoia; Lupus In Fabula; Mamme No Inceneritore (Firenze); Mamme per la Salute e l’Ambiente Onlus; Marevivo Abruzzo; MEDIPERlab Permacultura Mediterranea; Mila Donnambiente; Mountain Wilderness International; Movimento Tutela Alberi Firenze; Pro-Rights; RAMI – Registro degli Alberi Monumentali Italiani; Rewilding Apennines; Salviamo L’Orso ONLUS; SIMEF – Società Italiana di Medicina Forestale; Smilax Nova; Società Italiana per la Storia della Fauna; STAI-Stop Taglio Alberi Italia; Stop 5G Castel di Lama; Stop 5G Civitanova Marche; Stop 5G Marche; Terra Nuova Edizioni; Unione Bolognese Naturalisti; UNI-VERSO Amiata; VAS – Vita Ambiente e Salute ONLUS (Firenze); WWF Toscana; WWF Emilia-Romagna

I dati sulla superficie forestale media dell’Unione Europea sono presi dal sito del Parlamento Europeo e sono consultabili a questo link: https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/105/l-unione-europea-e-le-foreste

Taglialegna #stateacasa: l’assalto ai boschi italiani continua persino durante la quarantena

Taglialegna #stateacasa: l’assalto ai boschi italiani continua persino durante la quarantena

ISDE Italia – Medici per l’Ambiente e GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane chiedono alle istituzioni di non autorizzare la ripresa dei tagli boschivi, un’attività che nel caso delle latifoglie è anche fuori tempo massimo: è ormai primavera e i tagli nei boschi di latifoglie sono vietati per consentire alle piante il periodo vegetativo. Aperta una petizione su Change.org.

Roma, aprile 2020 – GUFI e ISDE chiedono alle istituzioni di non accogliere la richiesta avanzata da CONAIBO (Coordinamento nazionale delle imprese boschive), AIEL (Associazione italiana energie agroforestali), Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) e alcuni Comuni montani di riaprire le attività di taglio degli alberi in deroga alla quarantena, e hanno aperto una petizione sul sito Change.org per chiedere il sostegno dei cittadini che hanno a cuore l’ambiente e la salute pubblica.

Le attività forestali sono infatti ferme in quanto considerate non necessarie, e nel momento in cui l’Italia ripartirà sarà concesso solo, fino al prossimo inverno, il taglio dei boschi di conifere. Questo perché nei boschi di latifoglie (querce, faggi, carpini…) non è concessa l’attività di taglio durante il periodo vegetativo, cioè quando le piante hanno già messo le foglie. Tagliare le latifoglie in primavera, tramite la tecnica del ceduo che rimuove il tronco dell’albero lasciando solo un ceppo da cui nascono nuovi polloni, le danneggerebbe gravemente con evidenti ricadute sugli ecosistemi. Il taglio delle foreste di conifere (pini, abeti) è invece concesso tutto l’anno, perché nel loro caso la tecnica del ceduo non si può utilizzare e la riproduzione avviene unicamente tramite seme.

Le associazioni dei tagliatori non stanno quindi chiedendo solo di violare la quarantena a cui sono sottoposte tutte le altre aziende, ma anche di poter violare la legge che protegge i boschi di latifoglie, tagliando a primavera ormai giunta: quest’anno, infatti, la stagione risulta particolarmente anticipata, a seguito di quello che è stato l’inverno più caldo di sempre in Europa (3,4 gradi in più rispetto alla media del periodo).

Perché questo accanimento?

È importante ricordare che in Italia è in corso da anni un vero e proprio assalto alle foreste, viste non come bene prezioso per il pianeta, per la salute dei cittadini e come arma contro il riscaldamento globale, ma unicamente come fonte di energia. Il proliferare in Italia di centrali a biomassa, che bruciano legno per produrre energia elettrica, ha scatenato una vera e propria corsa al taglio. Le nostre foreste, che per mera superficie sono in aumento, vengono gravemente impoverite e compromesse da continui tagli che interessano gli alberi più grandi: un diradamento che, se lascia intatta la superficie della foresta, di fatto la spoglia quasi completamente riducendola a pochi alberi giovani e sottili, distanti tra loro. Una devastazione evidentissima anche a un occhio non esperto (si allega foto di una foresta governata a ceduo).
GUFI e ISDE ricordano che bruciare il legno provoca maggiori emissioni di CO2 e di polveri sottili persino rispetto all’utilizzo dei combustibili fossili, con ricadute drammatiche in termini di contrasto al cambiamento climatico e di impatto sulla salute. Le biomasse forestali non possono essere considerate una fonte rinnovabile di energia: anche piantando un albero in sostituzione di quello tagliato, questo impiegherà anche un secolo ad assorbire le emissioni di quello abbattuto, sempre ammesso che non venga tagliato prima – un lasso di tempo che non ci è concesso prenderci nella lotta al riscaldamento globale e per la conservazione della biodiversità. Non a caso, due anni fa ben 784 scienziati hanno scritto al Parlamento Europeo per segnalare che usare legna come combustibile accelererà il cambiamento climatico, mentre sempre più studi rivelano l’importanza delle foreste mature e intatte nella lotta al riscaldamento globale. Inoltre, come evidenziato da un comunicato stampa del WWF a marzo, esiste uno strettissimo legame tra pandemie e danni all’ecosistema.

La richiesta delle associazioni dei taglialegna di riprendere le attività in violazione della quarantena e addirittura di prolungare il taglio delle latifoglie anche durante il periodo primaverile è causato dal desiderio di placare la fame insaziabile delle centrali a biomassa, per le quali il solo legno di conifera tagliato al termine della quarantena parrebbe non sufficiente. Eppure, come fatto notare dagli stessi promotori della richiesta di deroga alla quarantena, rimangono a terra milioni di tronchi schiantati dalla tempesta Vaia, che stanno venendo acquistati da imprese austriache proprio per produrre legna da ardere. Il recupero del legno schiantato dalla tempesta (che giace lì da moltissimi mesi, quindi non si comprende l’urgenza) può essere autorizzato con un provvedimento ad hoc, senza riprendere i tagli su tutto il territorio nazionale. Trattandosi di conifere, inoltre, il prelievo di questi alberi potrà riprendere immediatamente dopo la fine della quarantena, anche se andrà fatto con oculatezza per evitare l’erosione del terreno e il conseguente rischio idrogeologico.

Non vi è inoltre alcun rischio di esaurimento a breve termine delle scorte di legno, dato che quelle per il prossimo inverno sono già state approntate e non sarà eventuale legna raccolta ora, ancora verde, ad aumentarle. Inoltre in questo momento sono chiusi alberghi di montagna, ristoranti, rifugi, pizzerie ed altri esercizi che fanno grande consumo di legna da ardere: il fabbisogno di legna nell’ultimo mese è crollato.

Le imprese e le loro associazioni lamentano inoltre la necessità di produrre imballaggi di legno (pallets) per i settori fondamentali. I pallets però vengono prodotti perlopiù con il legno delle conifere: non c’è quindi ragione di tagliare le latifoglie in deroga alle norme ambientali. Inoltre i pallet sono riutilizzabili. Il settore agroalimentare non utilizza pallets ma contenitori di plastica, e lo stesso vale per i prodotti farmaceutici. Non ci sono quindi attività essenziali che abbiano bisogno di un’immediata produzione di pallets.

Inoltre è legittimo chiedersi in quali condizioni sanitarie le aziende di taglio vorrebbero far operare i loro lavoratori durante la pandemia: sono tristemente note le continue violazioni delle norme basilari di tutela dei lavoratori nel settore dei tagli boschivi, dove è inoltre ampiamente diffuso il lavoro nero.

In conclusione, GUFI e ISDE ritengono che non vi sia alcuna ragione per ritenere il taglio di alberi come attività necessaria che meriti una deroga durante la quarantena; che eventuali (e da dimostrare) necessità di legname possano essere soddisfatte utilizzando il legno schiantato dalla tempesta Vaia tramite un provvedimento ad hoc, che non includa le altre foreste sul territorio italiano; e che la richiesta di riaprire il taglio nei boschi di latifoglie in deroga alle leggi a protezione dell’ambiente sia irricevibile.

GUFI e ISDE invitano tutti i cittadini che hanno a cuore la salute e l’ambiente (e conseguentemente la propria) a firmare la petizione “Taglialegna #stateacasa” sul sito Change.org all’indirizzo: http://chng.it/g9zHLWXc

CONTATTI

Valentina Venturi – Ufficio stampa GUFI

Mail: press@gufitalia.it | Tel: 3403386920