San Rossore, l’unità del tutto e la mente dell’astronauta
Una colata di cemento minaccia ancora l’area contigua al Parco di San Rossore, all’interno della quale il Governo aveva previsto la costruzione di una cittadella militare. Un progetto che è ora in forse ma non è ancora stato del tutto cancellato, nonostante le forti proteste dei cittadini e delle associazioni che hanno fatto una grande manifestazione il 2 giugno, festa di quella Repubblica la cui Costituzione prescrive la difesa dell’ambiente e della biodiversità come bene comune.
Nonostante gli spiragli aperti circa l’abbandono dell’idea di realizzare l’opera all’interno del Parco Regionale, in un’area di grande pregio naturalistico e agricolo, ricco di fauna, resta alta la preoccupazione sulla realizzazione dell’opera in sé stessa, anche se il progetto dovesse essere spostato appena oltre i confini protetti. Si tratterebbe in ogni caso di consumo di suolo, disturbo per la biodiversità degli agro-ecosistemi e di nuovo smacco al territorio naturale, ora tutelato dalla Costituzione e alla luce della nuova Strategia europea sulla biodiversità per il 2030, che prevede l’estensione al 30% della superficie terrestre e marina protetta.
Si evidenzia poi il pessimo utilizzo dei fondi del PNRR (che finanzia la discussa opera militare), che destina briciole alla conservazione della biodiversità e ulteriori importanti fondi alla Difesa, che pure nel bilancio ordinario dello Stato conta già su ingenti risorse. Il Green Deal, solennemente annunciato e fortemente promosso, non può essere una simulazione ma deve rappresentare ovunque, in Toscana e in ogni parte del mondo, un cambiamento concreto.
Non solleviamo certo obiezioni sulla necessità della difesa della Patria, discutendone democraticamente i modi, ma c’è da dire che l’idea di “difesa” che anima questa scelta è inaccettabile perché riduttiva, limitata e parziale. Anche noi GUFI ci riteniamo, per nostre competenze, “addetti alla difesa”, ma non la recintiamo all’interno del perimetro contingente e militare: difendiamo i boschi, le foreste, il patrimonio comune da cui dipende la vita di tutte le generazioni che verranno e per questo difeso dall’art. 9 della Costituzione che peraltro è stato oggetto di estensione recente tra i princìpi fondamentali e irrinunciabili, agli ecosistemi ed alla biodiversità.
Il caso è emblematico della miopia dell’essere umano, che non riesce a pensare in termini globali e a vedere la Terra per quello che è: un unico grande ecosistema di cui tutti facciamo parte e da cui dipende la sopravvivenza di ognuno di noi. Le ragioni dell’ambiente vengono costantemente messe in secondo piano di fronte alle esigenze umane, come se un ambiente sano non rientrasse tra queste esigenze.
Il 2022, con il ritorno della guerra in Europa, ci sta dimostrando più che mai quanto sia forte questo antropocentrismo e quanto le divisioni tra noi umani riescano sempre a essere più forti degli appelli all’unità dei popoli nel fronteggiare le minacce del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità.
Nel 2019 i temi ambientali erano (finalmente) sulle prime pagine di tutti i giornali, anche per merito delle proteste di organizzazioni come i Fridays for Future ed Extinction Rebellion. Se ancora eravamo ben lungi dal prendere misure adeguate per arginare la catastrofe in corso, si cominciavano a vedere maggiori segnali di consapevolezza nell’opinione pubblica e sui media e qualche timido provvedimento politico a livello internazionale. Tutte cose che, seppur ancora insufficienti, potevano far sperare in un cambio di direzione dell’umanità.
Tutto questo è stato spazzato via negli ultimi due anni: la pandemia prima e la guerra poi hanno monopolizzato la nostra attenzione e il tema dell’ambiente è tornato a essere, di nuovo, l’ultima delle nostre preoccupazioni. Mentre la nostra casa brucia, siamo troppo occupati a ucciderci tra noi per fermarci anche solo il tempo necessario a spegnere l’incendio. Chiunque esca vincitore si troverà comunque con una casa in cenere, ma sembriamo non curarcene.
Questa poca lungimiranza è uno dei grandi difetti dell’essere umano, che con tutta la sua intelligenza non riesce a pensare oltre all’immediato e a ragionare sul lungo periodo.
Ma ciò che è più grave è che sembriamo vedere solo quello che ci divide e non quello che ci unisce. Non riusciamo ad acquisire la consapevolezza di essere un’unica specie. La nazionalità, l’etnia, il genere, l’orientamento sessuale, la religione, le opinioni politiche: sono infiniti i modi che ci siamo inventati per dividerci (e discriminarci, e spararci) tra di noi, per non vedere che siamo tutti, innanzitutto, terrestri. Sentirci terrestri ci obbligherebbe a ricordarci che sono tali anche piante e animali non umani, e a rinunciare ai nostri atteggiamenti predatori nei loro confronti. Ci obbligherebbe a specchiarci in ogni altro essere vivente e rinunciare alla violenza e alla prevaricazione. Ci obbligherebbe a considerare un’area naturale protetta più importante di una base militare.
Le pandemie causate dal degrado ambientale, le guerre e il riscaldamento globale hanno la stessa matrice, nascono dalla stessa fallacia logica: non riconoscere l’unità del tutto, il nostro essere non solo connessi, ma dipendenti da tutto il resto.
Ma è davvero impossibile per l’essere umano ragionare diversamente?
È interessante notare come la consapevolezza dell’unità del tutto sia invece estremamente presente nei (pochissimi) esseri umani che hanno goduto di una visione d’insieme che la maggior parte di noi non sperimenterà mai, cioè gli astronauti. Molti di loro, al ritorno sulla Terra, hanno dichiarato che guardarla da lontano, così piccola e fragile nell’universo, ha completamente cambiato la loro prospettiva: un fenomeno chiamato “overview effect”.
“Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini.
(Jurij Gagarin, osservando la terra dall’astronave Soyouz)”
Guardare il mondo dalla Cupola è indescrivibile. Si ha il senso di fragilità del pianeta Terra, con la sua atmosfera sottilissima, e dell’incredibile bellezza di questo gioiello sospeso nel velluto nero dello spazio.
(Luca Parmitano, astronauta italiano)
Nello spazio sviluppi una coscienza globale immediata, un sentimento verso le persone, un’intensa insoddisfazione verso la situazione del mondo e una compulsione a fare qualcosa per questo. Da qui fuori sulla Luna, i politici internazionali sembrano così insignificanti. Tu vorresti prendere uno di loro per la nuca, trascinarlo fuori a un quarto di milioni di miglia dalla Terra e dirgli “Guarda questo!”.
(Edgar Mitchell, astronauta statunitense dell’Apollo 14)
La maggior parte di noi non andrà mai nello spazio, ma dobbiamo imparare dalle parole di chi ci è stato, e acquisire quella visione d’insieme che è l’unica cosa che può fermare ogni tragedia, dalle guerre al riscaldamento globale.
Estendiamo, quindi, il concetto di “difesa” anche alla natura e le nostre azioni di conseguenza: chiediamo al Governo un ripensamento che porti a ridimensionare il progetto (francamente appesantito da cose che nulla hanno a che fare con le esigenze militari), a rivederne la localizzazione e la ratio. Lavoriamo per una difesa integrata, e lasciamoci influenzare dall’ overview effect.
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