da Valentina Venturi | 4 Set, 2023 | Animali, Biodiversità, Difesa Foreste
L’uccisione dell’orsa Amarena deve imporre una riflessione sulla gestione degli orsi marsicani e su come tenerli lontani dai paesi, in particolare su come far trovare loro cibo a sufficienza nelle aree non occupate dall’uomo. Un elemento troppo spesso trascurato in questo senso è la qualità e il grado di complessità dei boschi che sono territorio dell’orso, la loro importanza nel fornire fonti alimentari a questa specie, e l’impatto che hanno i tagli boschivi nel compromettere la capacità delle foreste di produrre cibo per gli orsi.
L’orso è un animale onnivoro e una parte rilevante della sua alimentazione è costituita da ghiande (prodotte dalle querce) e di faggiole (il frutto del faggio): sono stati trovati escrementi di orso composti unicamente da ghiande e faggiole. Ma non tutti gli alberi producono ghiande e faggiole allo stesso modo. Esattamente come un bambino ha bisogno di crescere prima di entrare nell’età riproduttiva, anche le piante non fruttificano durante i primi anni di vita.
Un faggio comincia a fruttificare non prima dei 20-30 anni di età, mentre le querce cominciano a fruttificare a 30-40 (le farnie un po’ prima delle altre specie). Un albero troppo giovane, quindi, non produce frutti, e non fornisce cibo agli animali selvatici. Molti boschi sono in questa situazione, in particolare quelli nati dall’espansione del bosco in zone prima coltivate.
Ci sono poi i boschi governati a ceduo, dove le piante vengono tagliate alla base per fare legna, e ricrescono con giovani rami chiamati polloni. Questa forma di governo del bosco, dannosa perché lascia il suolo forestale quasi completamente scoperto, è molto diffusa in Italia e purtroppo viene utilizzata anche all’interno dei parchi nazionali.
Le piante ceduate devono ricrescere da capo dopo ogni taglio, ricostituendo la parte aerea. L’albero quindi spende moltissime energie per sopravvivere al taglio, e non fruttifica per qualche anno, o lo fa ma producendo pochissimi frutti. Una pianta ricresciuta dopo un taglio ceduo è un pianta piccola, e dopo turni molto brevi (di solito 20 anni, ma a volte anche meno) viene tagliata di nuovo. Questi alberi, condannati a non poter mai raggiungere dimensioni dignitose, hanno una produzione di frutti misera e assolutamente imparagonabile a una pianta secolare.
Altro effetto delle continue ceduazioni è il taglio del sottobosco, che fornisce cibo agli animali selvatici sotto forma di frutti di bosco, insetti e micromammiferi. Il sottobosco viene eliminato per consentire il passaggio dei macchinari per il taglio boschivo.
È quindi importante, nel considerare l’areale dell’orso, non concentrarsi solo sulla sua estensione, ma anche sulla qualità e complessità dei boschi compresi nel territorio della specie. Boschi più evoluti hanno una capacità portante per la specie molto superiore a boschi giovani o ceduati, che sono ecosistemi immaturi dove non ci sono catene alimentari stabili e articolate. Gli orsi marsicani hanno bisogno di un numero rilevante di aree boschive lasciate all’evoluzione naturale, con boschi indisturbati da tagli, e ricchi di cibo per loro e altre specie animali, se vogliamo tenerli lontani dai centri abitati per favorire la convivenza e salvare la specie.
Nei boschi sottoposti invece a gestione, bisogna abbandonare il governo a ceduo e puntare su quello ad alto fusto, più rispettoso delle dinamiche naturali. Si possono fare tagli oculati e limitati, senza aprire o destrutturare troppo la foresta, praticando una selvicoltura più ecosostenibile e meno impattante, che lasci un numero adeguato di piante mature che possono fruttificare e nutrire la fauna.
Anche le pinete artificiali, di cui si invoca così spesso il diradamento, possono fornire cibo agli orsi marsicani. A causa della grande quantità di legno morto al loro interno sono ricche di insetti e micromammiferi: tutti cibi apprezzati dagli orsi.
Tutto questo non esclude altri possibili interventi per l’alimentazione degli orsi, come una possibile ripresa della pasturazione in aree isolate. Ma un discorso sulle fonti alimentari degli orsi non può prescindere da una discussione sullo stato delle foreste.
È utile in questo senso anche la conservazione degli esemplari di alberi da frutto rimasti nei terreni non più coltivati. Questi alberi camporili possono essere di varie specie e trovarsi in condizioni diverse: in pieno campo, ai margini meno coltivabili o sui confini, come accade nei pascoli e seminativi arborati o cespugliati, per le querce camporili, o per gli alberi maritati alle viti (aceri e olmi campestri, ma anche gelsi e più raramente meli e altre specie di alberi). Sono piante robuste, longeve e rustiche, selezionate dalla natura, che possono costituire una risorsa trofica per la fauna.
Le foreste possono anche essere arricchite di fonti alimentari per l’orso con la messa a dimora di alberi da frutti come meli e peri selvatici. Queste piante sono perfette ai margini di boschi e praterie, o dove c’è una gestione orientata alla conservazione di pascoli, creando pascoli arborati, o garrighe, e andando a creare corridoi ecologici ricchi di fonti alimentari.
Le garrighe, aree aperte e aride dove il bosco non arriva, e i pascoli arborati possono essere di particolare interesse a questo scopo. La messa a dimora di alcuni alberi da frutto in questi contesti permetterebbe anche di ricreare alcuni elementi tradizionali del paesaggio, con interventi che aumentino la diversità a mosaico degli habitat secondari. I pascoli arborati, per esempio, consentono un uso sinergico del territorio. Questi luoghi possono agire come zone buffer per tenere lontani i selvatici dalle attività agricole e dai paesi. Alberi e arbusti di questo tipo possono essere una risorsa d’emergenza per le specie più minacciate, specialmente negli anni non di pasciona.
Altra azione importante può essere il restauro dei ramneti in alta quota, dove sono primari.
Ogni specie vivente, compresa quella umana, è legata a doppio filo al proprio ambiente naturale. Le azioni per salvare le specie a rischio estinzione devono quindi avere come punto di partenza la conservazione del suo habitat. Se vogliamo salvare gli orsi marsicani, dobbiamo avere più cura delle loro foreste.
da Valentina Venturi | 16 Apr, 2021 | Animali
Gli interventi necessari per impedire agli orsi e agli altri animali di attraversare autostrada A25 nel tratto Pescina – Cocullo
L’Aquila, 16 aprile 2021 – Da una missiva inviata dal Parco Nazionale dell’Abruzzo, Lazio e Molise al Ministero della Transizione Ecologica si apprende che pochi giorni fa l’orsa Amarena e i suoi quattro cuccioli hanno più volte attraversato l’autostrada A25 nei pressi della galleria di Cocullo e che il tratto in questione è stato anche in passato attraversato dallo stesso animale. La notizia in sé non è eccezionale, visto che episodi di presenza di animali selvatici sulle corsie della medesima autostrada si verificano periodicamente. Si tratta in ogni caso di un tratto critico per l’attraversamento in zona di ungulati e lupi. Sempre dalla stessa missiva si apprende che la società che gestisce l’autostrada A25 ha già da parecchi anni predisposto un progetto per la riduzione del pericolo di attraversamento di animali selvatici di grossa taglia, che interessa l’intero tracciato autostradale e che il PNALM ha predisposto una scheda di massima per realizzare una sopraelevazione della recinzione ai bordi delle dell’autostrada, attualmente alta 1,20 m, per un importo di oltre 170.000 euro, da realizzare nei tratti più critici, chiedendo al Ministero della Transizione Ecologica di finanziare l’intervento.
Il GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane chiede che sia la società concessionaria dell’autostrada che si fregia della qualifica “Autostrada dei Parchi”, a effettuare, doverosamente, la messa in sicurezza dell’infrastruttura, senza far pesare sulle casse dello Stato una spesa di competenza di chi ha in gestione questa infrastruttura e senza perdere ulteriore tempo rispetto a un provvedimento che andava attuato da anni per la sicurezza delle persone e per la tutela della fauna pregiata. Chiediamo altresì che, nei punti critici presenti lungo il percorso, ove lo spostamento degli animali è impedito dall’arteria viaria, vengano realizzati passaggi “verdi” artificiali (sovrappassi o sottopassi) utilizzando piante appetite dagli animali selvatici, perché gli orsi a gli altri animali selvatici possano attraversare in sicurezza l’autostrada, come avviene su moltissime autostrade in tutto il mondo, per mitigare le conseguenze della frammentazione del territorio.
Il mancato intervento di messa in sicurezza a oggi dell’autostrada da parte della società concessionaria, non trova giustificazioni, se non in un possibile contenzioso con il ministero delle infrastrutture, per il pagamento delle spese dei lavori, che questa ritiene debbano essere a carico dello Stato, in particolare del canone annuale di concessione, per il fatto che questi non rientrino fra i lavori di manutenzione ordinaria di propria competenza.
In ogni caso, la Società Strada dei Parchi ha la concessione in esclusiva dell’autostrada A24/A25 e la responsabilità di assicurare il transito in sicurezza del traffico automobilistico nel tratto di competenza. Non è ammissibile che la stessa società abbia chiamato il tratto in concessione “Strada dei Parchi”, perché attraversa un territorio di elevato valore naturalistico, dove si riscontra una fra le più alte concentrazioni di aree protette in Italia, senza tenere in conto che il fenomeno dell’attraversamento del tracciato autostradale da parte di animali selvatici, anche di grossa taglia, in alcune zone, sarebbe stato frequente e non episodico. Neppure è accettabile che il concessionario ritenga di poter assicurare la pubblica incolumità lungo il tracciato stradale in parola, con una rete di soli 1,2 metri. Non a caso gli episodi di incidenti causati lungo l’autostrada negli anni dagli animali selvatici sono stati molteplici, con la morte di diversi animali, compreso orsi e lupi, oltre a cervi, caprioli e cinghiali, ed è solo un caso se finora non ci sono state vittime umane.
Chiediamo quindi alla società strada dei parchi di provvedere con la massima urgenza a realizzare l’intervento di messa in sicurezza dell’intero tratto autostradale in concessione dall’attraversamento degli animali selvatici, a partire, prioritariamente, dal tratto Pescina-Cocullo, e la riterremo responsabile morale e materiale dei danni ad animali e persone che si dovessero verificare fino a quando l’intervento non sarà realizzato. Chiediamo al Ministero delle Infrastrutture e a quello della Transizione Ecologica, soprattutto alla Regione Abruzzo, di intervenire con la sollecitudine del caso e per garantire la pubblica incolumità, obbligando la Società Strada dei Parchi a realizzare l’intervento e a vigilare sulla migliore realizzazione dell’opera, per porre rimedio a questa grave inadempienza nei confronti degli utenti che ogni giorno utilizzano l’autostrada.
A nostro avviso la società concessionaria dovrebbe realizzare direttamente e a proprie spese l’intervento e se dovesse ritenere che il costo, in tutto o in parte, dovesse ricadere su altri, potrà sempre provvedere in seguito a rivalersi nelle sedi opportune.
Per quanto riguarda la proposta del Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, la realizzazione di una recinzione per impedire il passaggio di un orso e di altri animali di grossa taglia, attraverso un sopralzo di 1 metro e un paragatti sulla recinzione esistente di 1,2 metri, ci appare non idonea.
Da oltre due anni il PNALM partecipa al progetto europeo Life Safe Crossing, che mette in campo azioni per ridurre l’impatto delle infrastrutture viarie su alcune specie prioritarie in quattro paesi europei, fra i quali in particolare prevenire la mortalità sulle strade, in particolare dell’orso in Abruzzo. Al progetto partecipa la più importante società autostradale della Grecia, che secondo quanto riportato nel sito del progetto, ha “coordinato vari programmi riguardanti il monitoraggio delle popolazioni di grandi mammiferi lungo il tratto autostradale, nonché l’impatto di questa infrastruttura sulle differenti specie” e che sicuramente avrebbe potuto dare in questi frangenti un utile supporto tecnico e professionale.
Possibile che in tutto questo tempo non siano state previste iniziative ufficiali per sollecitare la società “Strada dei Parchi” a realizzare gli interventi di messa in sicurezza e promuovere una proposta progettuale di qualità?
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