Chiude la centrale a biomasse del Mercure, vittoria per l’ambiente e la salute

Chiude la centrale a biomasse del Mercure, vittoria per l’ambiente e la salute

L’associazione GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane applaude la decisione della Giunta Regionale della Calabria e del suo Presidente, Roberto Occhiuto, che ha approvato il Piano del Parco Nazionale del Pollino senza concedere deroghe alla potenza della centrale del Mercure, grande impianto che produce energia elettrica bruciando biomasse forestali.

Il Piano del Parco prevede la presenza di centrali a biomasse fino alla potenza di massima di circa 2,7 MWe, escludendo quindi la megacentrale che ha una potenza circa 15 volte superiore.

“Il Pollino, perciò, non ospiterà più megacentrali a biomasse, pericolose per la salute dei cittadini e per l’ambiente, ma anche per lo sviluppo turistico ed economico dell’area protetta più grande d’Italia, che è anche tutelata dall’UE in quanto ZPS, nonché patrimonio UNESCO, e che dunque non può inseguire una impossibile e perniciosa pseudo-industrializzazione, utile soltanto alla proprietà della centrale e dannosa, sotto ogni aspetto per le popolazioni residenti che  tante volte ed in maniera partecipatissima si sono mobilitate contro la centrale”, dice Ferdinando Laghi, consigliere regionale e membro delle associazioni ISDE e GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane-, che combatte contro la centrale da oltre 20 anni, a difesa delle foreste italiane e della salute dei cittadini calabresi e lucani.

La megacentrale collocata nel Parco Nazionale del Pollino brucia circa 350.000 tonnellate di legno vergine all’anno (frutto del taglio di centinaia di migliaia di alberi) per produrre energia elettrica: una modalità di produzione di energia – in una regione che produce circa tre volte l’energia di cui necessita e a cui la centrale del Mercure contribuisce per appena lo 0,0002 % — che l’Italia deve abbandonare per tre importanti ragioni.

In primis, bruciare biomasse forestali accelera il riscaldamento globale: le energie da biomasse legnose sono più climalteranti persino delle energie fossili poiché, a parità di energia prodotta, emettono il 150% di CO2 rispetto al carbone e il 300% rispetto al gas naturale (da “Letter From Scientists To The EU Parliament Regarding Forest Biomass” del gennaio 2018), mentre il riassorbimento di equivalenti quantità di CO2 da parte di nuovi alberi richiederà molti decenni: un tempo che non abbiamo a disposizione. Il taglio di un numero così elevato di alberi va ad aggravare il riscaldamento globale di cui una delle concause principali è proprio la deforestazione. Per rimuovere la CO2 accumulata abbiamo bisogno di grandi alberi e delle foreste vergini, che la assorbono oltre 50 volte in più rispetto ai nuovi alberi e alle piantagioni. 

Secondo, la combustione di biomasse forestali presenta un grave rischio per la salute dei cittadini, in particolare in una zona come la Valle del Mercure, dove i fumi di combustione ristagnano a lungo a causa del fenomeno dell’inversione termica. La combustione di tutte le biomasse legnose, secondo i dati ufficiali dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) e di ISPRA, per la sola emissione in atmosfera di PM2,5, causa in Italia circa 20.000 morti premature ogni anno, senza contare le patologie dovute alle emissioni di inquinanti emessi nella combustione del legno (arsenico, mercurio, diossina, furani, IPA…). L’Italia detiene il triste record in Europa per morti premature derivanti dalla cattiva qualità dell’aria.

Terzo, l’utilizzo delle biomasse legnose come fonte di energia minaccia le foreste. Il patrimonio boschivo italiano èormai sfruttato intensivamente e oltre i limiti di rigenerazione dello stesso. Un disastro ecologico che compromette gravemente gli ecosistemi forestali, privando le specie animali e vegetali del loro habitat, e che ha effetti anche sulla popolazione, in quanto la conservazione del patrimonio forestale è essenziale per la stabilità del suolo e la regimazione delle acque.

La produzione di energia da combustione di biomasse legnose non può quindi essere considerata energia pulita, non dovrebbe poter usufruire di generosi incentivi economici, e andrebbe abbandonata al più presto per la salute del pianeta, dei cittadini e per la nostra sicurezza sanitaria e sociale. GUFI è per un utilizzo razionale e sostenibile del legno, ottenuto da selvicoltura ecologica e in boschi destinati all’uopo, e per qualsiasi prodotto in cui il carbonio in esso contenuto resti allo stato solido.

Foto: Di Demincob – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31953639

Le proposte dell’Europa sulle bioenergie sono solo vuota retorica verde

Le proposte dell’Europa sulle bioenergie sono solo vuota retorica verde

La Direttiva europea sulle energie rinnovabili non protegge il clima, le foreste e la salute umana

La Forest Defenders Alliance, gruppo di associazioni che proteggono le foreste di cui fa parte l’italiana GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, esprime forte delusione per quanto emerso nelle bozze della Direttiva sulle Energie Rinnovabili (RED). Nonostante la forte opposizione di oltre 100 associazioni, di molti scienziati e di oltre 250mila cittadini, la Commissione Europea continua a promuovere la combustione del legno delle nostre foreste per produrre energia.

Parte del pacchetto “Fit for 55”, la revisione della direttiva dovrebbe contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei di riduzione del 55% delle emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.

La combustione di biomasse forestali è fortemente controversa perché emette più CO2 per unità di energia rispetto ai combustibili fossili, e gli stessi scienziati della Commissione Europea hanno riconosciuto che le foreste ricrescono troppo lentamente per compensare le emissioni causate dalla combustione del loro legno nel lasso di tempo che l’Europa si è data per il contenimento delle emissioni.

La scienza ha da tempo lanciato l’allarme: l’intensificarsi dei tagli boschivi per la produzione di biomasse a uso energetico sta danneggiando gravemente le nostre foreste, e gli scienziati chiedono di cambiare lo status delle biomasse forestali all’interno della direttiva europea, smettendo di considerarle una fonte rinnovabile.

Le associazioni temono che la nuova direttiva non riduca la pressione e lo sfruttamento intensivo delle foreste, come invece sarebbe indispensabile fare per permettere il ripristino degli ecosistemi e la mitigazione del cambiamento climatico, e che la prolungata dipendenza dalla combustione di legno non consentirà all’UE di ridurre le emissioni climalteranti.

Le modifiche della nuova direttiva rispetto a quella precedente sono:

  • Gli stati membri della UE non potranno più dare incentivi per l’utilizzo a scopo energetico di legname di qualità, ceppaie e radici. Ma, secondo quanto dichiarato dalla stessa Commissione Europea, questi materiali costituiscono solo una piccola parte delle biomasse forestali utilizzate per la produzione di energia
  • A partire dal 2027, gli stati membri non potranno più dare incentivi a impianti a biomasse forestali che producano esclusivamente energia elettrica, a eccezione delle centrali che si trovano in regioni particolarmente dipendenti dai combustibili fossili, o che utilizzino sistemi di cattura e stoccaggio della CO2. Il provvedimento però consente di continuare a bruciare biomasse forestali all’interno di vecchie centrali a carbone, in particolare nei paesi europei fortemente dipendenti dal carbone.
  • La Commissione Europea adotterò un atto delegato sull’applicazione del principio a cascata delle biomasse, e su come ridurre l’utilizzo di legname di qualità per la produzione di energia. Si tratta di un passo nella giusta direzione, che riconosce l’importanza di dare priorità agli utilizzi nobili del legno rispetto alla combustione per produzione di energia, ma si tratta solo di un piccolo passo, in quanto circa metà del legno prodotto in europa viene bruciato a scopi energetici, e le modifiche alla direttiva non fanno nulla per affrontare questo problema
  • Cambiano i criteri di sostenibilità della direttiva RED, che nella revisione chiedono che gli interventi di taglio tengano in considerazione il mantenimento la qualità del suolo e la biodiversità, evitando il prelievo di ceppaie e radici, salvaguardando le foreste primarie, evitando la conversione da foresta a piantagione di alberi, minimizzando i tagli a raso estensivi e incoraggiando il rilascio di legno morto sul sito di taglio. Queste direttive, però, riguardano solo una piccola parte del legno bruciato per scopi energetici, in quanto le foreste primarie costituiscono solo il 3% delle foreste europee, mentre le ceppaie e le radici già adesso raramente vengono utilizzate per la produzione di energia.  
  • La nuova direttiva impone criteri di sostenibilità alle centrali al di sopra di 5MW, soglia che prima era fissata a 20MW. Purtroppo, questi criteri di sostenibilità non affrontano il problema centrale, ovvero che la raccolta e combustione del legno per produrre energia aumenta le emissioni e compromette le foreste. Mentre la strategia europea per la biodiversità chiede di ridurre lo sfruttamento delle foreste, nessuna delle modifiche proposte alla RED va nella direzione di una riduzione della raccolta del legno. Al pari della versione precedente della direttiva, il nuovo documento persiste nel sostenere che la combustione di biomasse forestali riduce le emissioni in confronto all’utilizzo dei combustibili fossili, ignorando quanto affermato dagli stessi scienziati della Commissione Europea.

L’aumento della quota di energia rinnovabile a scapito delle foreste è un errore di proporzioni globali. Quando la UE sostiene di ridurre l’utilizzo di combustibili fossili e le emissioni, ma brucia sempre più foreste, l’unico risultato è l’aumento delle emissioni e il deterioramento delle foreste europee.

È tragico che la Commissione Europea non abbia colto l’opportunità di fare una riforma significativa della sua politica sulle biomasse. Il rifiuto dei politici europei di riconoscere i fatti scientifici sull’utilizzo delle biomasse forestali è paragonabile al negazionismo sul cambiamento climatico.

La Commissione ha compreso che gli incentivi alla combustione di legname di qualità vanno ridotti. Ora la stessa logica deve essere applicata a tutta la biomassa forestale, in quanto la combustione di tutte le qualità di legno aumenta le emissioni su lassi di tempo rilevanti per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico. L’industria delle bioenergie sta facendo enormi guadagni a spese dei contribuenti europei, che pagano inconsapevolmente per il taglio e la combustione degli alberi e la distruzione delle ultime aree verdi. Significativa in questo senso è la lettera inviata pochi giorni fa dalle associazioni italiane del settore delle bioenergie ai ministri Patuanelli e Cingolani, che, criticando la Strategia Forestale Europea, sostiene che la filiera legno-energia sia sostenibile e contribuisca alla lotta contro il cambiamento climatico e chiedendo un maggiore spazio (e, presumibilmente, maggiori incentivi) per le bioenergie. È completamente da respingere la richiesta delle associazioni del settore delle bionergie di considerare la gestione forestale una questione di pertinenza nazionale. Il riscaldamento climatico e la perdita di habitat e biodiversità sono fenomeni globali e che impongono di ragionare a livello globale.

Qualunque tipo di legno venga bruciato, lo sfruttamento intensivo delle foreste per la produzione di energia danneggia gli ecosistemi forestali e la loro biodiversità. La revisione della direttiva RED vieta i tagli nelle foreste primarie, ma dato che queste ultime costituiscono solo il 3% del patrimonio forestale europeo, la direttiva lascia senza protezione il restante 97%.

In un momento di crisi climatica e rapida estinzione delle specie, non è più possibile tollerare altri passi falsi nella gestione delle foreste e nella produzione di energia. La rapida estinzione di moltissime specie, molte non ancora adeguatamente studiate, è letale per l’umanità al pari del cambiamento climatico. Se non ci concentriamo da subito sulle energie realmente rinnovabili come il sole e il vento, ma continuiamo a distruggere foreste, perderemo per sempre un numero inaccettabile di habitat e specie, e con loro tutti i benefici ecosistemici che questi offrono all’umanità.

Le foreste sono molto di più che alleate contro la crisi climatica. La loro presenza è fondamentale per la nostra salute: le foreste mantengono pure l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo. La triste realtà è che finora le politiche europee hanno incoraggiato la combustione del legno delle nostre foreste e accelerato il deterioramento del patrimonio forestale europeo. Per rimediare ai danni fatti è necessaria una riduzione dello sfruttamento delle foreste per la produzione di legname, ma la revisione della direttiva RED non porterà a questo.

Le foreste non sono rinnovabili, sono ecosistemi che possono essere ripristinati ma non ricreati. Si possono piantare alberi, ma non si possono ricreare foreste. Abbiamo bisogno di bruciare meno legna e di meno monoculture forestali.

Un modo efficace per ridurre la conversione delle foreste in monoculture è rimuovere gli incentivi che stanno trainando la domanda di legname per le centrali a biomasse forestali. Invece, la Commissione Europea sceglie di supportare sia l’offsetting che l’energia dalla combustione di biomasse forestali.

“Fit For 55” non protegge a sufficienza le foreste e non contrasta in modo adeguato il cambiamento climatico. Abbiamo un bisogno disperato di politiche oneste che includano tutte le emissioni nelle nostre statistiche. Chiediamo ai membri del Parlamento Europeo di essere all’altezza della situazione quando toccherà a loro votare.

Le biomasse forestali pongono inoltre gravi problemi di inquinamento dell’aria e costituiscono una minaccia alla salute umana. La combustione di legna produce grandi quantità di polveri sottili, che secondo le stime uccidono circa 400mila europei ogni anno. La combustione di legno emette anche carbonio, azoto, metalli pesanti, mercurio e furani. Questo tema è stato completamente ignorato nella proposta di modifica della direttiva RED.

È quindi vitale che l’Europa riduca rapidamente la sua dipendenza dalle foreste per produrre combustibile, rimuovendo le biomasse forestali dalle energie rinnovabili. Le associazioni si appellano al Consiglio Europeo e al Parlamento Europeo affinché fermino lo sfruttamento intensivo delle foreste a scopi energetici e si assicurino che i target di energia pulita vengano raggiunti tramite tecnologie realmente pulite e a basse emissioni.

La centrale a biomasse di Mercure non deve riaprire né ora né mai

La centrale a biomasse di Mercure non deve riaprire né ora né mai

L’associazione GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane appoggia la richiesta portata avanti da diverse associazioni di sospensione della riapertura della centrale a biomasse di Mercure. La megacentrale collocata nel Parco Nazionale del Pollino brucia 350.000 tonnellate di legno vergine all’anno (frutto del taglio di centinaia di migliaia di alberi) per produrre energia elettrica: una modalità di produzione di energia che l’Italia deve abbandonare per quattro importanti ragioni.


In primis, bruciare biomasse forestali accelera il riscaldamento globale: le energie da biomasse legnose sono più climalteranti persino delle energie fossili poiché, a parità di energia prodotta, emettono il 150% di CO2 rispetto al carbone e il 300% rispetto al gas naturale (da “Letter From Scientists To The Eu Parliament Regarding Forest Biomass” del gennaio 2018), mentre il riassorbimento di equivalenti quantità di CO2 da parte di nuovi alberi richiederà molti decenni: un tempo che non abbiamo a disposizione. Il taglio di un numero così elevato di alberi va ad aggravare il riscaldamento globale di cui una delle concause principali è proprio la deforestazione. Per rimuovere la CO2 accumulata abbiamo bisogno di grandi alberi e delle foreste vergini, che la assorbono oltre 50 volte in più rispetto ai nuovi alberi e alle piantagioni.


Secondo, la combustione di biomasse forestali presenta un grave rischio per la salute dei cittadini, in particolare in una zona come la Valle del Mercure, dove i fumi di combustione ristagnano a lungo a causa del fenomeno dell’inversione termica. La combustione di tutte le biomasse legnose, secondo i dati ufficiali dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) e di ISPRA, per la sola emissione in atmosfera di PM2,5, causa in Italia circa 20.000 morti premature ogni anno, senza contare le patologie dovute alle emissioni di inquinanti emessi nella combustione del legno (arsenico, mercurio, diossina, furani, IPA…). L’Italia detiene il triste record in Europa per morti premature derivanti dalla cattiva qualità dell’aria.


Terzo, l’utilizzo delle biomasse legnose come fonte di energia minaccia le foreste. Il patrimonio boschivo italiano è ormai sfruttato intensivamente e ben oltre i limiti di rigenerazione dello stesso. Un disastro ecologico che compromette gravemente gli ecosistemi forestali, privando le specie animali e vegetali del loro habitat, e che ha effetti anche sulla popolazione, in quanto la conservazione del patrimonio forestale è essenziale per la stabilità del suolo e la regimazione delle acque.


Quarto, il rapporto presente tra la distruzione di habitat naturali – soprattutto forestali – e l’innesco di epidemie causate dalla migrazione degli animali selvatici cacciati dal loro habitat. Virus di cui gli animali sono portatori possono fare il salto di specie e infettare l’uomo. È avvenuto con Hersa in Australia, arrivata dai pipistrelli, che si è diffusa prima tra i cavalli per poi passare all’uomo; con Ebola in Africa, dove i cercatori d’oro hanno disturbato la foresta casa di diverse specie di primati; con la malattia di Lyme negli USA, dove la scomparsa dei boschi ha decimato i predatori degli artropodi e causato un forte aumento delle zecche che trasmettono la malattia all’uomo; e in tantissimi altri casi riportati nella bibliografia scientifica e nell’ormai noto best seller Spill Over di David Quammen.


La produzione di energia da combustione di biomasse legnose non può quindi essere considerata energia pulita, non dovrebbe poter usufruire di generosi incentivi economici, e andrebbe abbandonata al più presto per la salute del pianeta, dei cittadini e per la nostra sicurezza sanitaria e sociale. GUFI è per un utilizzo razionale e sostenibile del legno, ottenuto da selvicoltura ecologica e in boschi destinati all’uopo, e per qualsiasi prodotto in cui il carbonio in esso contenuto resti allo stato solido.