Terminillo Stazione Montana: un progetto fallimentare non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia

Terminillo Stazione Montana: un progetto fallimentare non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia

WWF Lazio, FederTrek – Escursionismo  Ambiente, GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, Club Alpino Italiano GR Lazio, European Consumers, Italia Nostra – Sabina e Reatino, Mountain Wilderness Lazio, Salviamo il Paesaggio Rieti e Provincia, Postribù, Inachis sez. Gabriele Casciani Rieti, Altura Lazio, Salviamo l’Orso

1 giugno 2020 – Come è noto, il progetto Terminillo Stazione Montana (TSM) è già stato bocciato due volte dalla Regione Lazio a causa del devastante impatto sul territorio, ma è stato riproposto dalla Provincia di Rieti nel Dicembre 2019 con modifiche cosmetiche che non eliminano le criticità ambientali, paesaggistiche e quelle relative alla sostenibilità economica dell’investimento pubblico.

Potrebbe sembrare singolare che associazioni appartenenti al mondo ambientalista motivino la loro contrarietà contestando la redditività economica di questo progetto, ma non è così; i progetti maggiormente impattanti sull’ambiente sono infatti quelli fallimentari, perché erodono risorse ambientali e paesaggistiche senza offrire benefici economici di sorta. E purtroppo il TSM appartiene a questa categoria. Non si tratta di una affermazione gratuita, ideologica o retorica, veniamo ai fatti.

Per chi abbia la pazienza di leggere gli studi economico-finanziari allegati al progetto TSM, l’ultima pagina rivelerà una sorpresa.  Contiene infatti un disclaimer (disconoscimento) in cui l’autrice degli studi afferma testualmente quanto segue: “Il documento è stato redatto esclusivamente sulla base delle informazioni raccolte nel corso delle riunioni con la provincia di Rieti, della mail ricevute dalla Provincia di Rieti e dall’arch. Fabio Orlandi” e che di conseguenza “non si assume la responsabilità, né si fornisce alcuna garanzia per quanto riguarda la veridicità, l’accuratezza e la completezza delle informazioni contenute nel presente documento”, precisando infine come” i destinatari di questo documento si assumono la piena ed esclusiva responsabilità di qualunque azione che lo stesso intraprenda facendo affidamento sul contenuto del presente documento”.

Significa essere faziosi il far notare che uno studio economico-finanziario disconosciuto dalla stessa autrice non induca molta fiducia sulla sua redditività? Ma forse molti non lo hanno letto questo disclaimer, perché da fine Aprile ad oggi si sono moltiplicate sulla stampa locale le dichiarazioni di piena adesione del TSM. CGIL, CISL e UIL affermano in un articolo (30 Aprile) che il TSM attiverà 4.558 nuovi posti di lavoro; ma il TSM dichiara di assicurarne 17 a tempo indeterminato e 87 stagionali, e quindi come si arriva a questa cifra così allettante? Semplice, applicando un fattore moltiplicativo, quindi ipotizzando che ogni singolo addetto (anche stagionale) agli impianti metta in moto un indotto di 53 altri addetti nei settori ricettivi, commerciali, così come indicato da una società nel recente rapporto Skypass Panorama Turismo, una fonte citata nello studio di fattibilità economico -finanziaria del TSM sulla cui attendibilità si è già detto.

Ma c’è di più. Nel medesimo articolo viene avvalorata l’ipotesi che ogni euro speso da uno sciatore per gli impianti di risalita ne induca altri 10 spesi in attività quali shopping, ristoranti, alberghi, divertimenti vari. Considerato che nell’ultima stagione uno skipass giornaliero costava al Terminillo 28 euro, i sindacati si attendono che una famiglia di quattro persone, passando un weekend al Terminillo, spenderà 224 euro per gli impianti e 2.240 euro di indotto, ovvero circa 2.500 euro circa. Saremmo lieti che gli estensori di queste affermazioni specificassero quanto consistente sia oggi (ma anche domani) in Italia la platea di famiglie in grado di sostenere questi livelli di spesa al Terminillo. Viene da chiedersi in quale Italia crede di vivere chi amplifica queste ipotesi che il buon senso rigetta.

Sempre il 30 Aprile, una esponente della Lega reatina valuta il TSM come “una grande opportunità per il Lazio” (Lega reatina, 30 Aprile), poi UGL manifesta la “piena adesione al progetto”, le pro-loco di Leonessa, Cantalice e Terminillo indicano il TSM come “ultima speranza per i nostri territori” (2 Maggio) e la Coldiretti (13 Maggio) definisce il TSM come “una occasione per promuovere la sostenibilità del made in Rieti”.

I fatti sono molto diversi. Sotto il profilo occupazionale la realizzazione del progetto appare deludente rispetto alle attese e risibile se confrontata con altri investimenti di pubblica utilità. A regime, il TSM prevede l’assunzione di 17 dipendenti (e 87 stagionali). Ne deriva che esso assorbe 2,9 milioni di € per ogni nuovo posto di lavoro a tempo indeterminato creato. Tale ingente ammontare di risorse pubbliche, ben superiore ai valori medi nazionali riferiti a progetti co-finanziati (circa 56 mila €/per nuovo occupato), dovrebbe indignare chi ha a cuore la buona gestione delle risorse pubbliche alla cui raccolta hanno in buona misura contribuito i lavoratori. E qualcuno dovrebbe chiedersi se non esistano modi migliori di impiegare 20 milioni di euro, che andranno per l’acquisto di impianti (non certo prodotti da ditte locali) che rimarranno inutilizzati.

Forse è ora – ma meglio tardi che mai – di vedere in faccia la realtà.

Il TSM ha come posta di avvio 20 milioni di euro d’investimento pubblico iniziale (in parte già spesi nelle ripetute progettazioni) ma non è stata definita dai proponenti (prima tra tutti la Provincia di Rieti) una strategia d’investimento per colmare i circa 30 milioni che mancano al programma di interventi per avviarsi. E non è stata spesa una parola per spiegare come gli sciatori annuali del Terminillo – che negli ultimi anni sono oscillati tra le dieci e le ventimila presenze – dovrebbero divenire circa 280 mila attraverso un radicale drenaggio dalle altre stazioni sciistiche dell’Appennino, in crisi anch’esse. Si consiglia in proposito la lettura del documentato rapporto Nevediversa 2020 di Legambiente, certamente più autorevole di quello citato nel TSM.  

La stazione meteo C. Jucci, posta a 1700 m sul M. Terminillo, ha registrato dal 1958 ad oggi, in media, la perdita di un giorno l’anno di neve sciabile. Questo dato risulta ancora più preoccupante dopo la stagione invernale appena conclusa (2019/2020) nella quale non si è registrato un solo giorno in cui le precipitazioni nevose abbiano garantito sufficiente neve sciabile al suolo.

Si dirà che oggi esiste l’innevamento artificiale; certo, ma non è gratis ed in più ha necessità di acqua e di adeguate condizioni climatiche.

In merito agli impianti di innevamento artificiale programmato, che vengono dai proponenti ritenuti risolutivi per sopperire alla mancanza di precipitazioni nevose (che per altro presuppongono basse temperature operative), si omette di rappresentare all’opinione pubblica gli alti costi che tale pratica comporta. Tale dimenticanza non è casuale. Il costo unitario di ogni singolo intervento di innevamento artificiale è infatti stimabile in oltre 1.1 milione di €, in linea con i costi sostenuti a metro cubo delle località alpine per 92.8 ha. di piste, quali dovrebbero essere quelle del TSM.  

Chi si farà carico di tali costi? Perché i proponenti non ne parlano?  

Eppure, per permettere i flussi turistici previsti dal progetto tali interventi dovrebbero essere ripetuti per tre mesi invernali almeno due volte al mese (in base ai dati della neve al suolo registrato nell’ultimo decennio del Centro C. Jucci del Terminillo) con un costo certamente ben superiore a 6.6 milioni €, di cui solo 526mila sono previsti nel progetto.  Pertanto, chi si farà carico dei restanti 6 milioni di spese, ammesso che l’innevamento artificiale sia praticabile dato l’aumento delle temperature invernali del Terminillo? Si precisa che tra i nuovi impianti previsti uno solo raggiunge la quota non certo elevata di 1900 mt. Sorprende inoltre che nessuno degli intervenuti in favore del TSM abbia rilevato criticità sulla concreta capacità esecutiva del progetto da parte del consorzio incaricato della sua realizzazione e gestione (SMILE&Co) alla luce del pignoramento e messa all’asta delle quote societarie della “TSM Spa” (Corriere di Rieti 20/01/2016), società che nel consorzio funge da componente tecnica.  

Chiudiamo con una facile profezia: il TSM non passerà, e se non passerà non sarà colpa delle associazioni che lo hanno contrastato – finora le uniche a guardare in faccia la realtà – ma perché si tratta un progetto sbagliato, pensato nel posto sbagliato.

Sicuramente ci sarà chi accuserà le associazioni di essere la causa della bocciatura del TSM, ma diciamo fin da ora che si tratterà di accuse ipocrite, strumentali ed interessate; le associazioni non hanno alcun potere di veto, hanno solo richiesto il rispetto delle norme paesaggistiche e ambientali che tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero rispettare e hanno solo rivelato una inconsistenza del TSM che è di esclusiva responsabilità di chi lo ha concepito e portato avanti contro ogni logica e ragione.

Ma il discorso non terminerà con la bocciatura del TSM; il Terminillo rimane una enorme risorsa per il Reatino, da interpretare e valorizzare con occhi diversi; e a questa nuova prospettiva siamo disponibili con entusiasmo a contribuire.

La foresta senza pace. Altri tagli nelle Pinete Grossetane durante il periodo di riproduzione della fauna

La foresta senza pace. Altri tagli nelle Pinete Grossetane durante il periodo di riproduzione della fauna

22 maggio 2020 – Le associazioni Italia Nostra Toscana, Lipu Grosseto, GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane e Gruppo di Intervento Giuridico hanno presentato una richiesta di accesso civico agli atti e di informazioni a carattere ambientale riguardo i tagli della vegetazione nella pineta costiera di Principina a Mare, in corso da alcuni giorni. Le associazioni chiedono l’adozione di provvedimenti sanzionatori e di ripristino ambientale, in quanto considerano i lavori non rispettosi della normativa nazionale e comunitaria per quanto riguarda la valutazione ambientale strategica, la tutela paesaggistica e la tutela dell’avifauna nidificante, nonché irrispettosi dei valori ambientali, naturalistici ed ecologici del luogo.

Gli interventi sono parte dell’applicazione del Piano di prevenzione AIB relativo alle Pinete grossetane, approvato dalla Regione Toscana lo scorso anno e già oggetto di forti proteste da parte della cittadinanza e delle associazioni. Il piano riguarda la Pineta del Tombolo e prevede pesanti tagli boschivi nelle pinete litoranee (l’85% del litorale boscato), con la realizzazione di fasce parafuoco larghe ben 50 metri in zone pinetate e 20 metri per ogni lato di sede stradale, eliminazione di copertura boschiva e arbustiva in talune aree (mantenimento di soli 120 esemplari di Pinus per ettaro rispetto ai 700 per ettaro attualmente presenti e solo il 20% della macchia), e l’eliminazione della copertura arbustiva (macchia mediterranea). Tutto questo in mancanza della V.A.S – Valutazione ambientale strategica, necessaria a norma di legge, e delle autorizzazioni paesaggistiche. La Pineta del Tombolo è un sito di importanza comunitaria (SIC), nonché area soggetta a vincolo idrogeologico, e la realizzazione degli interventi previsti cambierebbe radicalmente le sue caratteristiche.

Ad aggravare il tutto c’è il fatto che gli interventi stanno avvenendo nel periodo di nidificazione dell’avifauna. Proprio per proteggere questi animali, la legge prevede che ogni lavoro di diradamento, potatura e decespugliamento debba iniziare prima del periodo di nidificazione, in un periodo compreso tra il 1 ottobre e il 28 febbraio, prorogabile al massimo sino al 15 marzo. Lavori altamente impattanti come quelli in corso distruggeranno moltissimi nidi e provocheranno l’abbandono di quelli rimasti a causa del disturbo ambientale.

Le associazioni chiedono alle istituzioni di desistere e rinunciare alla devastazione delle Pinete grossetane, ormai diventata un appuntamento annuale ogni primavera; di rispettare il patrimonio naturale che i cittadini hanno dato loro mandato di proteggere; e di smettere di utilizzare i fondi comunitari stanziati per la protezione dell’ambiente per interventi insensati e ad alto impatto ambientale.

Il Lago Santo di Cembra: un habitat prioritario trasformato in una piscina per turisti

Il Lago Santo di Cembra: un habitat prioritario trasformato in una piscina per turisti

Trento, 16 maggio 2020 – L’associazione GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane chiede lo stop immediato dei lavori altamente impattanti che stanno distruggendo la vegetazione che circonda il Lago Santo di Cembra, prezioso ecosistema che dovrebbe rientrare tra gli habitat prioritari del Trentino e come tale essere protetto. Il lago è infatti un esempio raro e vulnerabile di habitat con acque stagnanti, da oligotrofe a mesotrofe, con vegetazione dei Littorelletea uniflorae e/o degli Isoëto-Nanojuncetea e Nanocyperion flavescentis, come segnalato alle istituzioni nell’autunno 2019 dal professor Franco Pedrotti, esperto di botanica di fama internazionale. Una tipologia di habitat rara sia in Trentino sia in Europa e che rientra tra quelli indicati come meritevoli di protezione dalla Direttiva Habitat della UE: il lago costituisce quindi un biotopo di grande valore ambientale.

La bellezza di questo lago, tale da diventare il soggetto di alcuni acquerelli di Albrecht Dürer, sta venendo devastata da un progetto definito di “Valorizzazione turistico ambientale” approvato dal Comune di Cembra Lignano nonostante la popolazione locale si fosse mobilitata con una raccolta firme – poi consegnata al Sindaco e al Presidente della Provincia – e a dispetto della presa di posizione contraria di associazioni come Italia Nostra Trentino. Un progetto altamente impattante che mira a trasformare il lago in una spiaggia per turisti, come se un lago alpino potesse essere trattato alla stregua di una piscina.

Il progetto prevede interventi sulla spiaggia nord e nord-est con innalzamento della spiaggia, che altera inaccettabilmente la forma e il sistema ecologico del lago; la creazione di nuovi accessi; un’area attrezzata con panche, tavoli e addirittura giochi, come se si trattasse di un parco urbano; una passerella di legno; posa di massi di porfido lungo la sponda; pannelli informativi; illuminazione notturna; taglio del filare di abeti rossi posti a nord del lago; successiva “rinaturalizzazione” di alcune zone, ma con specie diverse da quelle attualmente presenti; e l’apertura di un canale di scarico. Il tutto accompagnato dalla creazione di un brand apposito di promozione turistica.

Un intervento pesantissimo che provocherebbe un’alterazione molto grave dell’ambiente del Lago Santo di Cembra, che ancora presenta un alto grado di naturalità, con eliminazione completa della vegetazione in vaste zone, regressione e degenerazione della vegetazione in altre e stravolgimento del paesaggio. La realizzazione degli impianti, cominciata a fine aprile, porterebbe a un’antropizzazione completa del bacino lacustre.

Se lo scopo è quello della promozione turistica della zona, avrebbe maggiore senso conservarne la naturalità che la rende preziosa, in un’ottica di sviluppo sostenibile che non elimini gli elementi attrattivi naturali sostituendoli con elementi artificiali e costosi che i turisti possono trovare anche nelle zone urbane di provenienza.

In un’epoca in cui l’opinione pubblica diventa via via più sensibile alla protezione dell’ambiente, le istituzioni dovrebbero puntare su una reale valorizzazione – che non può che essere conservativa – delle tante bellezze naturali del Trentino-Alto Adige, anziché sdegnare i cittadini di tutta Italia con il continuo sfregio delle stesse.

No alla proroga del taglio delle latifoglie: la Regione Piemonte danneggia le sue foreste tagliando gli alberi durante il periodo vegetativo

No alla proroga del taglio delle latifoglie: la Regione Piemonte danneggia le sue foreste tagliando gli alberi durante il periodo vegetativo

La Regione Piemonte ha posticipato la data di termine del taglio ai boschi di latifoglie, permettendo di tagliare a primavera ormai arrivata con gravi danni all’ecosistema. Protestano le associazioni.

Torino, 21 aprile 2020 – Le associazioni GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane e ISDE Italia – Medici per l’Ambiente protestano per la proroga del periodo di taglio delle latifoglie concessa dalla Regione Piemonte, che permette di proseguire il taglio dei boschi a ceduo nonostante la primavera sia ormai arrivata e sia incominciato il periodo vegetativo degli alberi e di nidificazione dell’avifauna. Una scelta politica che, per venire incontro alle richieste delle ditte di taglio boschivo, ignora i tempi dettati dalla Natura e la necessità di lasciare indisturbate le nostre foreste (già sfruttate in modo intensivo e insostenibile durante il resto dell’anno) nel periodo cui gli alberi riprendono la crescita e gli animali si riproducono.

I boschi di latifoglie governati a ceduo sono sottoposti a un tipo di taglio che consiste nel rimuovere il tronco dell’albero lasciando solo una ceppaia da cui nasceranno nuovi polloni: un sistema che sfrutta la capacità dell’albero di ricominciare a crescere anche dopo un evento traumatico. Affinché la pianta possa riprendersi dopo il taglio però sono necessarie alcune condizioni, e per questo motivo le norme forestali dettano in modo rigoroso i modi ed i tempi dell’utilizzazione del bosco governato a ceduo, stabilendo date differenti per i periodi di taglio a seconda dell’altitudine proprio per evitare che vengano tagliate piante già entrate nel periodo vegetativo.

Il taglio del ceduo è indicato quindi soltanto durante la stagione silvana, ovvero il periodo dell’anno in cui gli alberi non hanno le foglie e sono nella fase di riposo: in quel momento gran parte delle riserve nutritive della pianta si trova ancora allocata nell’apparato radicale. Alla ripresa del periodo vegetativo, cioè quando all’arrivo della primavera l’albero ricomincia a mettere le foglie, le sostanze nutritive traslocano dalle radici alla parte aerea della pianta. Tagliare quando questo processo è già iniziato ha diverse e gravi ripercussioni sull’albero, in quanto causa uno squilibro energetico e un forte impoverimento del vigore vegetativo della pianta; provoca l’emissione di un maggior numero di polloni avventizi, che sono meno stabili meccanicamente e meno vitali fisiologicamente; e favorisce le patologie che possono attaccare la pianta, perché le ferite sulle ceppaie si ricoprono di uno strato di linfa zuccherina, ideale per la germinazione delle spore fungine. A queste problematiche se ne aggiungono altre collaterali che coinvolgono il bosco nel suo insieme, causate dalle operazioni di taglio, allestimento ed esbosco. Aumentano i rischi di danni alla corteccia e di altre lesioni al tronco anche negli alberi non tagliati, a causa delle sollecitazioni meccaniche; si interferisce pesantemente con il periodo di riproduzione di molte specie animali, che sempre più spesso avviene in anticipo a causa del cambiamento climatico; gli animali che vanno in letargo sottoterra sono già usciti e facilmente verranno uccisi durante le operazioni.

A causa del riscaldamento climatico si assiste sempre più spesso a un arrivo anticipato della stagione primaverile, con conseguente anticipo dell’entrata in vegetazione delle piante forestali e della ripresa di tutte le attività naturali dell’ecosistema forestale. Il fenomeno è stato particolarmente evidente questo inverno, che è stato il più caldo mai registrato, e con il passare degli anni il tema diventerà sempre più attuale e pressante.

Le associazioni invitano quindi la Regione Piemonte a rispettare i tempi dettati dalla natura, e a proteggere adeguatamente il patrimonio boschivo chiudendo la stagione di taglio prima dell’arrivo della primavera.

La strada nel Parco di Paneveggio è uno sfregio che mette a rischio il Gallo cedrone

La strada nel Parco di Paneveggio è uno sfregio che mette a rischio il Gallo cedrone

Trento, 14 maggio 2020 – Il GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane chiede che venga immediatamente fermata la realizzazione di una strada a elevatissima incompatibilità ambientale e paesaggistica nel Parco di Paneveggio, per scongiurare uno sfregio severo e persistente alla natura in un’area protetta, habitat del Gallo Cedrone.

Nel Parco Naturale di Paneveggio, in provincia di Trento, in piena area protetta, in zona classificata sia come ZSC (Zona Speciale di Conservazione) sia come ZPS (Zona di Protezione Speciale ai sensi della direttiva europea “Habitat” e ricadente per intero nella disciplina dei vincoli europei della rete Natura 2000) è in via di realizzazione una strada forestale camionabile che, se continuata, devasterà un ambiente forestale di pregio sopravvissuto alla tempesta Vaia, e porterà degrado e disturbo permanente in uno degli ultimi habitat in cui sopravvive il Gallo cedrone (Tetrao urogallus Linnaeus, 1758), specie di tetraonide pregiata e protetta. L’Associazione scientifica GUFI tiene a ricordare che il gallo cedrone è anche un indicatore biologico per eccellenza, perché con la sua presenza testimonia le buone condizioni ecologiche del soprassuolo forestale del piano montano superiore e di quello sub-alpino inferiore delle Alpi. È altresì una cosiddetta “specie ombrello” in quanto la sua esistenza è legata alla possibilità di disporre di vaste superfici indisturbate e non frammentate, necessarie per la propria autoecologia.

È inoltre specie emblema e simbolo del Parco, ma dal momento che è in costante e preoccupante diminuzione nel lungo termine è considerata “vulnerabile” (VU, in quanto ad alto rischio di estinzione in natura nel prossimo futuro), secondo la Lista Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (2012) e secondo quella trentina (Pedrini et al., 2005). Per questo motivo il gallo cedrone ha varie disposizioni di tutela giuridica: è inserito nell’allegato III della Convenzione di Berna; è inserito negli Allegati I e II della Direttiva Uccelli (2009/147/CE), che lo elenca tra le specie per la cui protezione sono previste misure speciali di conservazione degli habitat in cui vive; a livello nazionale è protetto dalla Legge 157/92, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, che ne esclude la caccia; a livello trentino è specie protetta dalla Legge provinciale 24/1991, “Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia”, che pone il gallo cedrone tra le specie non cacciabili.

La strada camionabile di cui è appena iniziata la costruzione dovrebbe dispiegarsi per circa quattro chilometri abbattendo alberi della foresta tra Fiera e San Martino di Castrozza, e dovrebbe unire Malga Crel, a quota 1577 metri, alla Malga Scanaiol a quota 1745 metri. Il tracciato in cui è previsto il disboscamento per far posto all’arteria stradale costituisce attualmente, per il disturbo antropico ridottissimo, un habitat residuo ideale per il gallo cedrone, che ha reso questo luogo prezioso una straordinaria arena di canto con oltre dieci galli a 1700 metri di quota. I posti con tali caratteristiche sono ormai molto rari sulle Alpi Orientali, e la frammentazione che verrebbe apportata dalla strada e il disturbo conseguente e reiterato nel tempo causato dal traffico anche turistico, oltre a danneggiare severamente la foresta, sarebbe fatale per la colonia di Gallo cedrone.

Si andrebbe, inoltre, a portare degrado ed artificializzazione in un angolo di foresta sopravvissuto alla violenza della tempesta Vaia, come se il Trentino avesse bisogno di ulteriori sciagure ambientali.

Il Parco di Paneveggio Pale di San Martino include al suo interno una porzione consistente delle aree che costituiscono il territorio delle Dolomiti Patrimonio Unesco, e Il Parco naturale di Paneveggio è socio Sostenitore della Fondazione Dolomiti UNESCO, il soggetto che ha la responsabilità della gestione del Patrimonio e l’obbiettivo di promuoverne la conoscenza e la valorizzazione.

Anche dal punto squisitamente culturale, la qualifica di Patrimonio UNESCO richiama il collegamento con Cremona, insignita di analoga attribuzione in quanto storicamente patria della liuteria di assoluta eccellenza a livello mondiale. Questa infatti è basata sull’impiego del legno di Paneveggio Pale di San Martino e tali riconoscimenti rappresentano per l’Italia, nella sua collocazione mondiale, un connubio virtuoso e nobile nella pratica e nell’immaginario, tra patrimonio naturale e patrimonio artistico-storico-culturale.

Per autorizzare un progetto simile, in passato bocciato fermamente dal Parco, è accaduto che l’Ufficio Distrettuale Forestale del Primiero, in sede di revisione del piano di assestamento forestale aziendale dell’ex Comune di Fiera di Primiero per il periodo 2015-2024, abbia invocato la legislazione in deroga del post-Vaia. Ciò per riproporre il collegamento stradale tra malga Crel e malga Scanaiol, evitando persino di sottoporre il progetto a VINCA, valutazione d’incidenza ambientale, obbligatoria per la disciplina europea in materia di SIC, in mancanza della quale si incorre nell’avvio di procedimenti di infrazione comunitaria dagli esiti potenzialmente assai onerosi.

Il GUFI ritiene illegittimo il ricorso alla legislazione straordinaria invocata per superare l’incompatibilità giuridica gravante a regime di vincolo sull’area e sull’habitat del gallo cedrone, in quanto detta legislazione speciale può essere valida soltanto per consentire l’accesso alle aree boschive danneggiate dall’evento meteorologico eccezionale. Al contrario, la strada in oggetto risulta avere tali caratteristiche solo per poche centinaia di metri iniziali dopo Malga Crel, mentre per il resto del tracciato di progetto le aree con alberi schiantati sono o assenti o del tutto marginali. Risulta che queste considerazioni siano state sollevate in passato anche dall’Ente Parco a motivo del diniego per un’opera così tanto impattante, ma poi all’improvviso le cose sono cambiate.

È accaduto che la giunta esecutiva, organo di amministrazione del Parco, il 17 gennaio 2020, con 4 voti a favore e un astenuto, ha dichiarato la propria incompetenza, ritenendo di “non esprimere, in questa fase emergenziale e straordinaria, alcun parere in merito al piano di gestione forestale aziendale dell’ex Comune di Fiera di Primiero per il periodo 2015-2024, in quanto una parte sostanziale di tale piano contiene la previsione di interventi sia selvicolturali sia infrastrutturali da eseguirsi in emergenza, nell’ambito di quanto stabilito dall’Ordinanza di Protezione Civile provinciale n. 787288 del 28/12/2018 e relativo Piano d’Azione, definiti sulla base quindi di una situazione di emergenza e di atti sovraordinati che esulano dalla ordinaria pianificazione e di conseguenza dall’ambito entro il quale questo Ente deve esprimere il proprio parere ai sensi degli articoli 39 e 57 della legge provinciale 23 maggio 2007, n. 11”.

Si ritiene che la posizione assunta dall’amministrazione dell’area naturale protetta sia priva di fondamento: le ordinanze della Protezione Civile sono finalizzate agli interventi urgenti, indifferibili, legati all’emergenza, non altrimenti affrontabili nell’ordinaria amministrazione e nel quadro normativo vigente. Tali ordinanze riguardano quindi fattispecie eccezionali e non sono certo finalizzate alla realizzazione di opere stabili, non di servizio né tantomeno provvisorie, ordinarie e al di fuori delle operazioni emergenziali. Un’interpretazione fallace in questo senso è oggettivamente volta al solo scopo di aggirare il quadro normativo esistente a livello provinciale, statale ed europeo, e per giunta dopo che tale progetto era stato respinto ripetutamente e motivatamente dallo stesso Ente Parco.

Si sottolinea l’assurda situazione che rischia di verificarsi, per cui in una zona in cui parte della foresta è stata devastata dalla tempesta Vaia, con le ordinanze conseguenti della Protezione Civile, si prevede lo scempio ulteriore della parte di foresta a Paneveggio che era stata scarsamente interessata dalla tempesta e si era sostanzialmente salvata. Lo sfregio questa volta deliberato, prevedibile ed evitabile, eseguito sotto lo scudo della Protezione Civile, sarebbe però permanente, trattandosi di una strada che provoca consumo irreversibile di suolo, frammentazione e disturbo di habitat pregiati di alta quota, che – secondo la letteratura scientifica e secondo le stesse pubblicazioni del Parco – sono in cima alle cause del rischio di estinzione del gallo cedrone.

La sventurata noncuranza degli aspetti basilari ecologici ed ambientali che caratterizza quanto sta accadendo, addirittura in un’area naturale protetta, è testimoniata anche da fatto, aggravante e veramente inammissibile, che i lavori sono iniziati in periodo di riproduzione della fauna in generale e in particolare proprio nel periodo più critico per il gallo cedrone. Si richiama, per tutte le numerose prese di posizione del mondo scientifico in materia di protezione di questa specie, il convegno organizzato dal Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino l’11 ottobre 2011, proprio sull’aspetto riproduttivo del tetraonide durante il quale la professoressa Storch ha, tra l’altro, fornito alcune raccomandazioni accorate di carattere generale in tema di gestione. Si tratta, ha sostenuto, di evitare soprattutto il disturbo durante il periodo della cova e dell’allevamento dei pulli, perché i piccoli di gallo cedrone sono molto vulnerabili. In particolare, fra gli aspetti concreti, ha suggerito di non prevedere utilizzazioni forestali in tali periodi e di attuare misure di contenimento di altre forme di disturbo antropico.

Si richiama a riguardo l’art. 5 della direttiva n. 2009/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica, esecutiva in Italia con la legge n. 157/1992 e s.m.i., che comporta in favore di “tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri” (art. 1 della direttiva) “il divieto: a) di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo; b) di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi; d) di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva. Il disturbo/danneggiamento/uccisione delle specie avifaunistiche in periodo della nidificazione può integrare eventuali estremi di reato (artt. 544 ter cod. pen., 30, comma 1°, lettera h, della legge n. 157/1992 e s.m.i.) o violazioni di carattere amministrativo (art. 31 della legge n. 157/1992 e s.m.i.).
Il GUFI chiede pertanto di riconsiderare le autorizzazioni date, di interrompere immediatamente i lavori, che venga disposto il ripristino, per quanto possibile, dello stato ex ante dei luoghi finora interessati dal cantiere e di non procedere ulteriormente alla realizzazione di un’opera di tale impatto ambientale, portata all’attuazione con procedure ingiustificate ed ingiustificabili extra ordinem, che potrebbero configurarsi come abusi ed essere forieri di danno ambientale ex art. 18 della legge 349/86 nonché di severi provvedimenti dell’Unione Europea.

Si riserva pertanto ogni iniziativa legale consentita dall’ordinamento, in sede nazionale ed europea, qualora l’intervento dovesse essere portato a compimento, e si incoraggia la popolazione trentina a far sentire la propria voce con le istituzioni responsabili in difesa del loro prezioso patrimonio naturale.